martedì 1 novembre 2016

ROTOLON e ALLUVIONE a VICENZA 6 anni dopo

Famiglie vedette per monitorare le frane al Rotolon

07.11.2015 tratto dal GIORNALE DI VICENZA
Karl Zilliken
Chi conosce un territorio meglio di chi lo vive? Risposta scontata: nessuno. Chi, dopo l’alluvione del 2010, ha conosciuto gli abitanti di contrada Parlati su cui incombeva la frana rossa del Rotolon ricorda bene una cosa: il mondo correva intorno a loro che rimanevano tranquilli con gli occhi rivolti al monte e al torrente. Sapevano che, in quel momento, per quanto tutti si agitassero, non ci sarebbero stati problemi: avevano ragione.
Perché non “sfruttare” questa risorsa? Si sono detti il presidente del comitato di protezione civile di Recoaro, Moreno Spanevello, il referente per l’attuazione del piano di protezione civile comunale, Alberto Pianalto e l’allora sindaco Franco Perlotto.
Dopo alcuni mesi di formazione è nato il “Gruppo Rotolon”, con 20 capifamiglia delle località vicine alla frana che, in caso di emergenza, possono essere i primi ad intervenire per portare in salvo anziani, invalidi e bambini, in attesa dei soccorritori. Pochi minuti che possono salvare più di una vita.
A distanza di anni questo gruppo è diventato una realtà oliata e funzionante, come comprovato da esercitazioni ma anche da reali emergenze passate indenni. Perché, quindi, limitarla al Rotolon? Con il lavoro silenzioso, in stretta collaborazione tra protezione civile e Comune, è stata creata una squadra di 40 “cellule dormienti”, come le chiama scherzosamente Spanevello, dislocate in tantissime località e frazioni tra cui Merendaore, Rovegliana, Valcalda, Cappellazzi, Fongara, Peserico e Busellati. Non si tratta di personale addestrato come per il “Rotolon”, ma di occhi aperti sul territorio. Se dalla Regione viene inviato un segnale di allerta meteo, la protezione civile recoarese lo rimbalza in tempo reale a questi cittadini che possono a loro volta informare con foto e report costanti dell’evolversi di ogni situazione. Questo vale tanto per la grande emergenza quanto per il microscopico smottamento che può far tardare lo scuolabus. «Sono persone che vivono tranquillamente - spiega Spanevello - ma sono collegati tramite sms e diventano sentinelle con mail e numero di reperibilità 24 ore su 24». «È un’iniziativa importantissima - aggiunge Ceola - che responsabilizza i cittadini e li riporta al centro della vita della comunità». «Tra le tante cose che ci ha lasciato il Rotolon - conclude Pianalto - il gruppo di cittadini volontari è forse la migliore».

IL ROTOLON VECCHIO TEATRANTE
 di Bepi Magrin
(Pubblicato in "Realtà Vicentina - dicembre 2010)
tratto da VALDAGNO.INFO 

Come un vecchio consumato attore da sempre abituato a calcare la ribalta, il Rotolon questo nostro indocile vicino di casa, ogni tanto sente nostalgia dei riflettori e si rifà vivo, brontolando perché la pioggia, la neve, gli uomini, risvegliano i suoi acciacchi e lui, permaloso com'è non si lascia certo sfrucugliare impunemente.
Nel 1985, ero maresciallo degli alpini alla 7^ Compagnia trs. di Bassano e su richiesta della Prefettura il mio reparto fu incaricato della vigilanza sulla frana e del servizio di allertamento della popolazione. Col compianto tenente Angelo Gelso che morì poco tempo dopo a 24 anni per un tragico incidente, e qualche decina di alpini fummo alloggiati al Molin sulla strada per la Gazza (luogo di speciale interesse per i suoi famosi gnocchi con la fioretta) dove restammo per una ventina di giorni. Organizzammo il servizio pressappoco come lo fu nelle scorse settimane con un posto di avvistamento all'altezza della ex Cascina forestale (la quale fu inghiottita dalla frana proprio in quei giorni), collegamenti radio con Parlati, Turcari, Maltaure ecc. e campagnole attrezzate con altoparlanti per l'allarme. Allora si vedeva scendere per l'Agno un fiume che sembrava di cioccolata semiliquida nel quale fluitavano massi di grandi dimensioni.
Uno spettacolo impressionante al vedere passare quella massa viva di mota rossastra sotto i ponti dell'Agno. Poi, come sempre il mostro si placò e pian piano tutto rientrò nella normalità. Ancora dall'altro secolo, quando non esisteva la strada per Campogrosso (costruita nel 1917) e i contrabbandieri passavano con la famosa "rua"su per la cosiddetta "Strada del Carro" per proseguire verso il Rotolon e Buse Scure, le pendici di dove sgorga l'Agno, davano preoccupazioni alle popolazioni dell'alto recoarese.
Sui flussi cercava di vigilare la casermetta della Regia Guardia di Finanza che sorge ancor oggi (penosamente abbandonata) su un colle coperto di abeti tra Malga Lorpodo e ..la frana. I primi lavori per la sistemazione del bacino di cui si ha notizia, datano agli anni tra il 1902 e il 1905, ma i lavori più imponenti si fecero durante il Ventennio con la costruzione delle grandi briglie di contenimento alcune delle quali recano in evidenza i fasci littori caratteristici di quel tempo.
Altri imponenti lavori si fecero nel 1947 per canalizzare le acque di superficie del vasto fondo demaniale e organizzarne i flussi, ma fino agli anni '60 erano costanti ed annuali i lavori di sistemazione forestale e gli interventi sul torrente, tanto che molte famiglie delle contrade sottostanti, facevano di questi lavori stagionali la principale fonte di sostentamento. Poi, la dimenticanza e l'abbandono. Si, qualche sporadico intervento sulle briglie e nel corso del torrente da parte dei servizi forestali della Regione Veneto, ma cure sempre minori e distratte.
Eppure si sa che la Roteloon, ossia la frana rossa incombe da sempre sulla valle e dove ci sono "loon" ci sono frane come testimonia più in basso la contrada "Luna" o verso Fongara la contrada "Lonere", lo sapevano quindi perfino i nostri antenati "cimbri" che quei nomi certamente non diedero a caso. Altri nomi invece si, furono dati a caso: a Parlati troviamo "via Monte Rotolon" nome che certamente rientra in quest'ultima categoria poiché non c'è alcuna carta topografica che riporti il toponimo (peraltro ultimamente usato senza risparmio da stampa e Tv per indicare la frana).
Gli stessi mezzi di comunicazione ci hanno informato che nei sommovimenti del "monte" sarebbe coinvolto perfino l'Obante non sapendo evidentemente che tale monte dista oltre un chilometro dalla zona interessata, oppure, altra amenità, che il Rotolon si troverebbe tra il Colle del Basto e il Passo della Lora (sic) né si è invece mai nominato il Piazzale Sucai ossia quell'ampia porzione di rovine dolomitiche ove si attesta la valle incriminata e dove sarebbero apparse misteriose fratture. Un segnale d'allarme d'altro tipo, dovrebbero invece dare coloro che hanno care certe peculiarità geologiche della nostra alta valle come la Faglia di Recoaro.
Si tratta di un rarissimo se non unico esempio di quel certo strato geologico che potrebbe (se opportunamente valorizzato) costituire straordinaria attrazione turistica per Recoaro. Gli strati a "Dadocrinus Gracilis" e quelli a "Volzia": crinoidi che datano all'"Anisico", appaiono infatti qui in tutta evidenza e sono visibili proprio presso le sorgenti dell'Agno, tanto che la combinazione di interessi culturali che si potrebbe ricavare dalla particolarità geologica, dalla presenza della sorgente principale dell'Agno, e dalla caserma della Regia Guardia di Finanza col suo vasto retaggio di suggestive quanto poco note, storie di contrabbando, unite alla eredità culturale della vita nelle malghe se vi fossero intelligenze politiche sufficienti a creare una opportuna sinergia con associazioni e forze della cultura locale, si tramuterebbero senza meno in risorse anche economiche.
Ma si avvicinano i geli dell'inverno, e anche per quest'anno il Rotolon si prepara al consueto letargo, in attesa che nuovi spettacoli si annuncino in cartellone.

IL VENETO FERITO: VOCI DALL'ALLUVIONE 
Pag.9-10

MEMORIA: dati statistici dell'alluvione in VENETO del 2010





CRONACA e VIDEO del DISASTRO

tratto dal GIORNALE DI VICENZA 

"Un'alluvione che nel Vicentino non si vedeva dal 1966. Dalle prime ore di ieri, Vicenza, molte zone dell'hinterland e svariate località della provincia berica sono state invase prima dall'acqua e poi dal fango. Molti fiumi sono tracimati, allagando le campagne ma soprattutto le strade e le abitazioni. Drammatica la situazione in centro città e soprattutto a Cresole di Caldogno, tagliata in due da un torrente d'acqua tracimata dal Bacchiglione che ha rotto gli argini. Migliaia le case allagate, altrettanti gli sfollati (un centinaio in città, ospiti di Ipab, albergo cittadino, hotel e altre strutture), e le famiglie isolate. Un pensionato di Cresole, che sarebbe stato travolto dall'ondata, è disperso da ieri mattina. Di Giuseppe Spigolon, 75 anni, si sono perse le tracce"...

"Uno tsunami. Allagato un terzo della città. Il centro storico in ginocchio. Un centinaio di sfollati. Tutte le scuole chiuse. Paura per il teatro Olimpico. Ore di blackout. Barche e mezzi anfibi di polizia e vigili del fuoco in piazza XX Settembre. Scene da film di guerra. Il maledetto lunedì di Ognissanti inizia alle 7.30, quando il fiume “chiacchierone” alza la testa e sfonda a ponte degli Angeli: è il d-day dei fiumi vicentini. «Come e peggio del 1966: questa è un'alluvione», diagnostica il sindaco Achille Variati, mentre gonfia i sacchetti di sabbia con i volontari della protezione civile per proteggere negozi e case"...

Così i colleghi Diego Neri e Gian Marco Mancassola iniziavano le loro cronache da Cresole e Vicenza, i luoghi simbolo della grande alluvione di lunedì 1 novembre 2010. Un disastro, come titolava in prima pagina quel giorno Il Giornale di Vicenza. Che con i suoi cronisti, i suoi collaboratori e i suoi fotografi ne ha raccontato sin dai primi momenti i drammi, i volti, le storie, le polemiche.

La città e mezza provincia erano sott'acqua. Una notte di paura, una giornata di terrore. Che ripercorriamo oggi, qui. A cinque anni da quel «maledetto lunedì di Ognissanti». Per non dimenticare.

Domenica 31 ottobre 2010, ore 22. Il maltempo si abbatte sul Vicentino. Paura per una frana a Chiampo, danni e disagi fra Schio, S. Vito di Leguzzano e Torrebelvicino.
Lunedì 1 novembre 2010, ore 1. I danni si moltiplicano nella zona di Torrebelvicino: una frana a ponte Capra blocca parzialmente la provinciale, disagi anche in zona Enna. I pompieri sono in allerta.
Ore 2. Paura in città per il livello del Bacchiglione. A ponte degli Angeli le forze dell'ordine segnalano i rischi.
Ore 6. L'allerta è molto elevata. Parecchie strade del centro di Vicenza sono allagate.
Ore 7.30. A ponte degli Angeli esce il Bacchiglione. Poco dopo tracima a ponte Pusterla, quindi nella zona di via Diaz. Paura anche per il teatro Olimpico.
Ore 9. Tracima il Bacchiglione e un torrente di fango travolte Cresole di Caldogno. Lobbia e Rettorgole erano già sotto acqua.
Ore 9.30. Si costituisce l'unità di crisi in prefettura con tutte le forze dell'ordine, il sindaco e i tecnici. Più o meno in contemporanea viene chiusa l'autostrada A4 a Montebello.
Ore 13.30. Tracima anche il Tesina a Torri di Quartesolo. La strada è chiusa da ore, alcune famiglie vengono evacuate. Peggiora la situazione a Caldogno.
Ore 17. È confermata la notizia che a Cresole un pensionato è disperso fin dal mattino. La persona che era stata ritrovata non era lui.
Ore 19. Ordinata la chiusura delle scuole di Vicenza e di tutte le superiori della provincia. Molti Comuni dispongono la chiusura anche di asili, elementari e medie.
Ore 20. Il sindaco di Caldogno Vezzaro stima in circa 3 mila gli sfollati nel suo Comune. A Vicenza sono un centinaio, soprattutto nella zona di Debba. Un altro centinaio nello Scledense.
Redazione web

VIDEO:

TELECHIARA

VENETOVISION 

ELIVIDEO

ALLUVIONE DALL'ALTO:

N.1

N.2

N.3

 

sabato 29 ottobre 2016

Cosa sono OSPITALITA' ed ACCOGLIENZA?

Miei PENSIERI e spunti tratti dal Libro “OSPITALITA’” di Dario Vivian


INTRODUZIONE:
A-    STORIA e RELIGIOSITA’ (SACRO  OSPITE) 
B-     Il PROSSIMO come NOI STESSI (CURA e RISPETTO) 
C-    CASA nostra è la CASA degli ALTRI (APERTURA) 
D-    AMARE SE STESSI per poter AMARE gli ALTRI (VOLERSI BENE – AMOR PROPRIO) 
E-    CONDIVIDERE (VIVERE con gli ALTRI) 
F-    RINGRAZIAMENTO
G-   BUON ESEMPIO (FRATELLANZA) 
H-   UNO e TRE (ASCOLTO della PAROLA di DIO) 
I-     RICEVERE non è meno DIVINO di DARE 
J-    UNIVERSALITA’
K-    SACRIFICIO 
L-    SERVIZIO e ASCOLTO (DUALITA’ in noi)

INTRODUZIONE 
A- STORIA e RELIGIOSITA’ (SACRO  OSPITE)
Per capire l’ospitalità dovremo conoscere un po’ di Storia e di Religiosità.
Storia che ci viene raccontata sin dal tempo dei primi PELLEGRINI che si muovevano verso i LUOGHI SACRI alla ricerca di qualcosa di superiore e divino per crescere e maturare in quell’ attesa di meditazione della propria vita in cui dovevano far pulizia e chiarezza nel proprio cuore.
Avevano motivo di sostare lungo il viaggio lungo e faticoso (da qui la nascita dei primi luoghi di Ristoro ed Accoglienza, all’ inizio GRATUITI per l’epoca classica in quanto l’ospite era SACRO, poi via via a PAGAMENTO a seconda del servizio offerto sempre più complesso ed adatto alle diverse esigenze del viandante divenuto oramai turista per diletto, cultura, sport, cura e benessere, religiosità, ecc.).
Non a caso il primo albergo in Grecia si chiamerà LEONIDEO, nome che deriva dal grande Eroe guerriero Spartano LEONIDA che diede la propria vita in modo eroico con i propri valorosi 300 scelti a difesa della propria patria, la culla della civiltà occidentale classica, precursore della nostra civiltà odierna. Offrire la propria vita per qualcosa di superiore, e per il futuro dei propri figli.

B- Il PROSSIMO come NOI STESSI (CURA e RISPETTO)
Dovremo soffermarci sul fatto che l’essere ospiti nel periodo classico fosse un privilegio, perché se anche l’ospite era sconosciuto, misterioso e poteva presagire a un comportamento scorretto, poco affidabile, quasi pericoloso per il fatto di non essere poi più reperibile in caso di danneggiamento del luogo di ristoro, costui che poteva essere considerato un perfetto sconosciuto, temibile nemico (dal greco hospitis), all’ incontrario invece si era capito benissimo quale fosse l’importanza di PRENDERSI CURA del PROSSIMO, e quindi l’ACCOGLIENZA, l’OSPITALITA’ doveva partire da CHI si prendeva l’IMPEGNO di fare qualcosa per gli ALTRI.
Temere significa RISPETTARE per poter ricevere un domani lo stesso trattamento.

C- CASA nostra è la CASA degli ALTRI (APERTURA)
E’ come quando accade nelle nostre CASE, nel momento in cui decidiamo di INVITARE qualcuno, ci mettiamo in moto per riordinare ed abbellire la nostra dimora, per poter dare il miglior BENVENUTO a chi ci fa VISITA, non solo pensando alle COSE di ADDOBBO, ma anche e soprattutto a quel CALORE, AMORE, DONO che vogliamo lasciare in RICORDO a chi poi si porterà via quel qualcosa di astratto ma molto importante da noi.
Praticamente la nostra Casa diventa la Casa degli Altri, per la nostra disponibilità ad Accogliere ed Ospitare. Ospitalità diventa il nostro modo di Accoglienza Altrui.
Cosa direbbero gli altri di noi, se facessimo brutta figura, rimanendo scortesi o non dando valore a chi ci vuol far visita? Sarebbe come non volersi prender cura nemmeno di noi stessi.

D- AMARE SE STESSI per poter AMARE gli ALTRI (VOLERSI BENE – AMOR PROPRIO)
E’ il BISOGNO di SENTIRSI AMATI, sentirsi ACCOLTI, che qualcuno ci tiene a noi, ci vuole fare COMPAGNIA e prendersi cura di noi per DEDICARCI del proprio TEMPO.
Essere DISPONIBILI all’ ASCOLTO dell’ALTRO, significa mettersi al SERVIZIO (FARE POSTO) di colui che ha bisogno di noi, per cui comprendere di dover attrezzarsi e preparare il proprio CUORE all’ APERTURA in modo da comprenderne i BISOGNI, mettendosi con COMPASSIONE ed ATTENZIONE rimanendo premurosi che chi ha bisogno di RICEVERE qualcosa da noi, noi siamo in grado di DARE. Compatire, ossia PATIRE insieme, comprendere lo stato d’animo dell’altro.
AMARE per ESSERE AMATI, ACCOGLIERE per essere ACCOLTI, OSPITARE per essere OSPITATI.

E- CONDIVIDERE (VIVERE con gli ALTRI)
Comunicare con gli altri per vivere qualcosa insieme ci porterà a nostra volta un immenso calore, felicità, perché ci siamo resi utili, e comprendere che colui che oggi ha bisogno è RISPETTARE quell’ essere umano che un domani potrebbe essere il nostro turno di bisogno.
VIVERE quindi con attenzione in modo da gioire, soffrire, scambiando i propri sentimenti.

F- RINGRAZIAMENTO
Questo tipo di BUON ESEMPIO oltre a RISPETTARE il nostro prossimo, ci aiuterà a far crescere noi stessi e la società, perché solo mettendo gli altri al centro, riusciamo ad abbandonare il nostro EGOISMO, dove pensiamo solo a noi stessi dimenticandoci dell’esistenza degli altri, aumentando invece l’amore come ringraziamento di un DONO più grande e che possiamo riconoscerci come CREATURE meravigliose di un DIO IMMENSO, CREATORE BUONO.

G- BUON ESEMPIO (FRATELLANZA)
Questa FRATELLANZA aiuterà la nostra APERTURA all’ ACCOGLIENZA, perché solo CHI si sente ACCOLTO, si apre a sua volta all’ ACCOGLIENZA, perché da esempio traiamo altro esempio.
A noi la scelta quotidiana nelle nostre piccole azioni sul VALORE del BENE e del MALE che porterà un’importante RESPONSABILITA’ del DONO di VITA ricevuto, al quale dovremo tutti rendere conto un giorno, cercando di espletare al meglio le nostre capacità singolari, doti uniche e diverse, attitudini innate.
Non si può AMARE qualcuno se non troviamo la PACE di VIVERE con gli ALTRI, e a maggior ragione in un mondo di sofferenze e difficoltà non si ha modo di DARE QUALCOSA a QUALCUNO, AMARE qualcuno se questo sentimento non l’abbiamo prima sperimentato noi stessi.
Indipendentemente da come si riceve però, dobbiamo aprirci alla SPERANZA, alla FIDUCIA, che già con il DONO della VITA, noi tutti siamo stati AMATI da un DIO grande, che ci chiede attraverso la nostra ESISTENZA, ESPERIENZA, di renderlo VISIBILE attraverso i nostri OCCHI, il nostro CUORE al nostro prossimo che incontriamo in ogni momento di vita.

H- UNO e TRE (ASCOLTO della PAROLA di DIO)
L’AMORE si concretizza nel momento in cui un DIALOGO fra due persone porta a FRUTTO un terzo interlocutore, è lo SPIRITO SANTO che fa passare l’AMORE tra DIO PADRE e il FIGLIO GESU’ CRISTO. E’ il mistero della SANTISSIMA TRINITA’.
Tutti coloro che ospitiamo non sono altro che UNO (Gen.18,13)
“Tutto quello che avete fatto a uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Mt.25,40)
La PREGHIERA è l’ESPRESSIONE massima dell’OSPITALITA’, che Dio fa di noi ACCOGLIENDOCI nel dialogo con Lui.
Ecco il BISOGNO di interloquire con Lui, la necessità di aver FIDUCIA, FEDE, di sentirsi piccoli, umili di fronte a tanta grandezza, il bisogno di AIUTO, che viene sostenuto attraverso l’ASCOLTO della PAROLA di DIO. “Non di solo Pane vivrà l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla Bocca di Dio” Mt.4,4
Nelle RELAZIONI tra Uomo e Uomo e tra Uomo e Dio avviene sempre la stessa RECIPROCITA’ nell’ OSPITARE e LASCIARSI OSPITARE, che è più difficile perché dobbiamo FIDARCI dell’Altro.

I- RICEVERE non è meno DIVINO di DARE
ACCOGLIENZA è quindi il nostro MODO di ESSERE, la nostra DISPONIBILITA’, la DIMORA che offriamo noi in quel preciso istante in RAPPORTO con gli altri. E’ il luogo di INCONTRO, SCAMBIO, CONFRONTO aprendo l’essere umano alla più PROFONDA UMANITA’, che ci aiuta a crescere e sentire il vero significato della nostra esistenza, a RICONOSCENZA della GLORIA di DIO PADRE che viene contagiata solo con un rapporto di fratellanza benefica.
E’ il CUORE che parla! Solo scoprendo e cercando nel cammino di FEDE il MISTERO della nostra VITA e di DIO, ci porterà alla piena realizzazione di NOI STESSI: ESISTERE per far conoscere DIO, che si vuol far scoprire, immenso ma invisibile ai nostri piccoli occhi!  

J- UNIVERSALITA’
Rivolgere a tutti il dono di amare, servire, come se dovessimo accogliere noi stessi.
Con questa benedizione che riceveremo dall’ alto porteremo molto frutto e soprattutto faremo conoscere l’amore di Dio agli altri, altrimenti ci sarà sterilità, chiusura. Il fare qualcosa non è per noi stessi ma per gli altri, che ricevendo un buon esempio da noi imparano a loro volta a dare del proprio.

K- SACRIFICIO
Per poter dare qualcosa è necessario il sacrificio, così come Abramo dopo aver a lungo atteso il figlio Isacco gli viene chiesto di dare indietro il dono concesso da Dio, il quale però per la fede e riconoscenza lo risparmia e promette alleanza e discendenza nei secoli.
I figli sono quindi tutti da Dio in quanto creati da Lui, i genitori sono solo degli educatori che con amore hanno desiderato mettersi in gioco in favore dell’amore, per proseguire il progetto di Dio nella divulgazione del Suo mistero di gloria.
Dio non risparmia però il suo primogenito Gesù per la salvezza del mondo intero dai peccati, lasciando comunque la libertà di scelta nel compiere un atto di amore (libero arbitrio).
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito” (Gv.3,16)
E’ l’esempio di amore più grande in assoluto, perché perdere la propria vita per gli altri non ha misura di paragone, è svuotare se stessi per donarsi completamente agli altri.
In entrambi i casi i figli sono il frutto di un’ospitalità che và oltre, è aprirsi accettando di donare qualcosa all’umanità.
Anche la madre di Gesù Maria accompagna il figlio alla Passione sul Calvario, accettando che la propria maternità non sia fine a se stessa, ma un dono per tutta l’umanità.
Gesù prima di morire affida Maria come madre di tutti noi, per capire il meraviglioso esempio di un’umile donna che si è fidata ciecamente e si è messa al servizio della volontà di Dio Padre.
Dio non interviene per risparmiare il figlio unigenito per farlo diventare primogenito di molti fratelli, Figlio della Promessa per la quale nessun essere umano è escluso. Un figlio nel quale tutti noi siamo figli.
Il Padre sacrifica il Figlio sulla Croce per diventare Padre di tutti e consegnarci il Figlio come Fratello.
Passaggio Pasquale di apertura che genera, dal costato trafitto del Cristo viene alla Luce un’umanità riconciliata.

L- SERVIZIO e ASCOLTO (dualità in noi) 
Come nel brano della Genesi “Non passare oltre, senza FERMARTI dal tuo SERVO…RISTORATEVI, dopo potete proseguire” (Gen.18,1-5) anche Gesù è ospitato nella casa di Betania da Marta e la sorella Maria prima di entrare verso la Gerusalemme dove lo attende la morte, ci ricorda la dualità che c’è in tutti noi, della difficoltà di dover operare con le cose per la propria sopravvivenza, ma anche di dover affidarci all’ ASCOLTO della Parola di Dio per rimanere in comunione ed armonia con gli altri, per camminare sempre bene seguendo i cartelli stradali dei 10 comandamenti che ci indicano come meglio proseguire nella vita, evitando il male ed imparando a gestire le situazioni difficili.
Oggi c’è un gran bisogno di parlare, di dire la propria, c’è un’impazienza nel fare, avere, come per sentirsi vivi, invece c’è la necessità di fermarsi per ascoltare, accogliere, essere e sentirsi AMATI
Con “Marta, Marta tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno” (Lc.10,38-42) Gesù indica chiaramente quale posto importante occupi la preghiera, meditazione, ascolto della Parola di Dio, perché è sì importante vivere nel mondo, ma non farsi schiavi delle cose, bensì prepararsi con lo stato d’animo giusto e quella spiritualità che permetta di relazionarci in modo corretto con gli altri, quando abbiamo da fare delle cose insieme.
Tra le due sorelle c’è RECIPROCITA’, ossia un modo di CONFRONTARSI, SPECCHIO una dell’altra per verificare la diversità, ATTITUDINE ad OSPITARE, ACCOGLIERE l’altro nella nostra casa interiore, ANIMO, DISPONIBILITA’ a LASCIARCI ACCOGLIERE, AFFIDANDOCI all’altro, in ASCOLTO e CONSEGNA.

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sabato 3 settembre 2016

Ponte Tibetano nel Progetto VA.PO.RE

17.09.2016 INAUGURAZIONE del PONTE TIBETANO sulla STRADA del RE

L'apertura al pubblico del Ponte a corde, curato dell'Arch. Carlo Costa, sarà domenica 18 settembre.
Ufficialmente verrà inaugurato sabato 17 settembre alla presenza delle autorità invitate.
www.viapasubio.it



 => Il PROGETTO (in pdf)


Sospesi a 30 metri con il ponte tibetano. Domani 18.09.2016 l'apertura

VALLI DEL PASUBIO. È arrivato il gran giorno dell'inaugurazione dell'atteso “ponte tibetano” sulla Strada del Re tra l’ossario e Campogrosso. Cerimonia a numero chiuso per il fatidico taglio del nastro, ma da domani, domenica 18 settembre, il ponte sarà aperto al pubblico. La passerella si trova sospesa a 30 metri d'altezza ed è sorretta da due ancoraggi posti a 105 metri di distanza l’uno dall’altro, ancorati alla roccia tramite robusti tondini lunghi diversi metri.

«Sono sicuro che il ponte a corde sospeso che ci restituisce l’anello del Sengio Alto richiamerà molti appassionati escursionisti proprio per la sua unicità che restituisce a questo ambito delle Piccole Dolomiti un percorso di estremo valore paesaggistico, un tratto che tutti vogliamo sia esteso al più presto per completare l’altro sentiero, quello che partendo da Bocchetta Campiglia si concluda a Recoaro in una ventina di chilometri attrezzati e messi in sicurezza». Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto saluta così l’inaugurazione del ponte di corde sopra la frana che aveva reso impraticabile la strada del Re bloccando così anche agli escursionisti il collegamento tra l’Ossario del Pasubio e il Rifugio di Campogrosso.
«Era ancora assessore in Provincia quando venivo costantemente sollecitato dalla realtà locale che mi chiedeva sopralluoghi, sollecitava studi, avanzava proposte per ripristinare la Strada del Re, tra le più belle nel Vicentino per il panorama che offriva degno appunto delle grandi strade dolomitiche proprio nel tratto tra Campogrosso e l’Ossario del Pasubio, ma minata dalle frane che l’avevano resa inevitabilmente inagibile e insicura. Con questo voglio testimoniare che gli amministratori locali da sempre hanno tentato di intervenire, scontrandosi spesso con la dura realtà delle analisi geologiche, che confermavano la pericolosità del movimento franoso e l’impossibilità di ripristinare il vecchio percorso stradale: non solo i costi sarebbero stati troppo elevati, ma nessuno poteva garantire la sicurezza. Così - continua Ciambetti - ho salutato veramente con grande soddisfazione la svolta nata attorno al progetto Va.Po.Re., avviata nel 2011, che ha visto i tre comuni di Valli, Posina e Recoaro, presentare progetto complesso da circa un milione di euro, finanziato per il 75% dalla Regione del Veneto e per il quale mi sono speso ben sapendo l’importanza di questa proposta. Il ponte odierno, infatti, è solo uno dei sette stralci che caratterizzano questo percorso eccezionale che unisce Bocchetta Campiglia con Recoaro nel quale la Regione del Veneto crede fermamente».
Il presidente Ciambetti poi sottolinea un dato: «Questa estate è stata funestata da decine di incidenti mortali nelle Alpi e Prealpi e anche nel Vicentino ci sono stati eventi tragici - ha detto il presidente del Consiglio regionale - Ciò pone a noi tutti il problema della sicurezza: nessun sentiero attrezzato riuscirà ad azzerare i rischi, ma è pur vero che un sentiero adeguatamente sistemato contribuisce a diminuire i pericoli. Il progetto Va.Po.Re ha questa ambizione e penso che il ponte sospeso di Valli del Pasubio sia testimonianza di ciò. Sono sicuro che molti appassionati già dai prossimi giorni metteranno a prova le loro sensazioni, il senso dell’equilibrio o sfideranno le vertigini: a tutti consiglio comunque prudenza ed estrema cautela. Questo ponte è un bellissimo strumento messo al servizio di tutti, non è una giostra e la montagna non è un parco dei divertimenti, ma pretende sempre rispetto e molta attenzione». 

Si cammina sospesi a 30 metri col ponte tibetano

28.08.2016
VALLI DEL PASUBIO. A Valli del Pasubio in tanti toccano ferro. Anzi, acciaio. Dopo tanti rinvii, ritardi, problemi tecnici e voci incontrollate (ad esempio quella sul presunto crollo dei piloni circolata una ventina di giorni fa) il sindaco Armando Cunegato ha stabilito il giorno per l’inaugurazione del “ponte tibetano” sulla Strada del Re tra l’ossario e Campogrosso. Taglio del nastro il 17 settembre, con una cerimonia a numero chiuso. L’apertura al pubblico invece è prevista per il 18, salvo imprevisti che potrebbero farla slittare ancora di qualche giorno. I lavori in ogni caso sono in fase molto avanzata.
IL PONTE. I quattro spessi cavi d’acciaio che costituiscono la struttura portante dell’opera sono già stati tesi tra i due ancoraggi, posti a 105 metri di distanza l’uno dall’altro e ancorati alla roccia tramite robusti tondini lunghi diversi metri. È appena cominciata invece la posa delle strutture in grigliato, sempre d’acciaio, che costituiranno il pavimento della passerella, ma la campata unica sospesa a 30 metri d’altezza offre già uno spettacolo impressionante. Si tratterà poi di fissare le barre verticali dei parapetto. La struttura poi sarà attraversabile a piedi senza difficoltà. Vertigini permettendo.
TURISMO. In realtà il termine “ponte tibetano” con cui l’opera è stata battezzata dalla vox populi è improprio: quel tipo di struttura prevede infatti solo tre corde: una più grossa su cui camminare e due come corrimano. Più corretta è la definizione di ponte di corde in acciaio. La si chiami in un modo o nell’altro, è sicuro comunque che la presenza dell’opera non passerà inosservata. Se non è il più lungo d’Italia nel suo genere, di certo rientra fra gli esemplari notevoli dell’arco alpino. E il suo potenziale turistico non è stato un aspetto secondario nella scelta della sua costruzione.
LA STRADA. La necessità di un’opera come questa è emersa nel 2008 quando un’ampia frana ha fatto crollare un tratto della Strada del Re, che collega Pian delle Fugazze, l’Ossario e passo Campogrosso, interrompendo così uno dei più amati anelli escursionistici delle Piccole Dolomiti. Le stime per il ripristino della carrozzabile erano di circa 2 milioni di euro «con l’incertezza di futuri smottamenti» sostiene il sindaco di Valli Armando Cunegato. Per lui la scelta del ponte di corde è stato un «giusto compromesso» tra i costi (300 mila euro circa) e la durevolezza nel tempo.
OSTACOLI. La costruzione del ponte, approvata nel 2013, è stata rallentata però da imprevisti di ogni tipo. Prima le obiezioni di coloro che ritenevano l’opera inutilmente costosa e inadeguata alle esigenze di mobilità e soccorso. Poi il meteo avverso e le nevicate eccezionali. E ancora la necessità di spingersi più in profondità di quanto si pensava con le fondamenta. Ostacoli che hanno reso quei cento metri di salto nel vuoto quasi insormontabili. E così l’inaugurazione è slittata di stagione in stagione. Oggi però (mentre sta per scadere l’ultima proroga di 120 giorni), l’altro lato del precipizio sembra essere più vicino.
Elia Cucovaz

Un lungo ponte tibetano fino a passo Campogrosso

Tratto da TRENTINO CORRIERE ALPI
29 agosto 2016 - Vallarsa, la struttura in cavi d’acciaio verrà inaugurata dopo metà settembre. Mette 
in comunicazione il sacrario del Pasubio, in Veneto, col versante trentino.
Il ponte. I quattro spessi cavi d’acciaio che costituiscono la struttura portante dell’opera sono già stati tesi tra i due ancoraggi, posti a 105 metri di distanza l’uno dall’altro e ancorati alla roccia tramite robusti tondini lunghi diversi metri. È appena cominciata invece la posa delle strutture in grigliato, sempre d’acciaio, che costituiranno il pavimento della passerella, ma la campata unica sospesa a 30 metri d’altezza offre già uno spettacolo impressionante. Si tratterà poi di fissare le barre verticali dei parapetto. La struttura poi sarà attraversabile a piedi senza difficoltà. Vertigini permettendo.
Turismo. In realtà il termine “ponte tibetano” con cui l’opera è stata battezzata dalla vox populi è improprio: quel tipo di struttura prevede infatti solo tre corde: una più grossa su cui camminare e due come corrimano. Più corretta è la definizione di ponte di corde in acciaio. La si chiami in un modo o nell’altro, è sicuro comunque che la presenza dell’opera non passerà inosservata. Se non è il più lungo d’Italia nel suo genere, di certo rientra fra gli esemplari notevoli dell’arco alpino. E il suo potenziale turistico non è stato un aspetto secondario nella scelta della sua costruzione.
La strada. La necessità di un’opera come questa è emersa nel 2008 quando una grossa frana ha fatto crollare un tratto della Strada del Re, che collega Pian delle Fugazze, l’Ossario e passo Campogrosso, interrompendo così uno dei più amati anelli escursionistici delle Piccole Dolomiti. Le stime per il ripristino della carrozzabile erano di circa 2 milioni di euro «con l’incertezza di futuri smottamenti» sostiene il sindaco di Valli Armando Cunegato. Per lui la scelta del ponte di corde è stata accolta come un ragionevole compromesso tra i costi (circa 300 mila euro) e la durevolezza nel tempo.
Ostacoli. La costruzione del ponte, approvata nel 2013, è stata rallentata però da imprevisti di ogni tipo. Prima le obiezioni di coloro che ritenevano l’opera inutilmente costosa e inadeguata alle esigenze di mobilità e soccorso. Poi il meteo avverso e le nevicate eccezionali. E ancora la necessità di spingersi più in profondità di quanto si pensava con le
fondamenta. Ostacoli che hanno reso quei cento metri di salto nel vuoto quasi insormontabili. E così l’inaugurazione è slittata di stagione in stagione. Oggi però (mentre sta per scadere l’ultima proroga di 120 giorni), l’altro lato del precipizio sembra essere più vicino.


Ponte tibetano, slitta a fine estate l’apertura

TRATTO dal GIORNALE DI VICENZA - 21.06.2016

Slitta di un paio di mesi l'apertura dell'attesissimo ponte sospeso sull'anello tra Pian delle Fugazze e passo Campogrosso, collegamento tanto agognato da amministratori, escursionisti e appassionati di montagna da quando una frana nel 2008 cancellò un tratto di percorso.

L'apertura era stata annunciata per metà giugno ma bisognerà attendere ancora, a causa di alcuni contrattempi. «Come riferitomi dai tecnici che stanno seguendo l'intervento – spiega il sindaco Armando Cunegato - si andrà probabilmente alla fine di agosto, a seguito di alcuni problemi alle funi. Mi spiace molto perchè questo non giova al turismo estivo».Il cosiddetto ponte tibetano è una struttura di corde d'acciaio con una campata unica di oltre 100 metri, che si eleverà per oltre 30 metri sopra il terreno. Verrà realizzato nell'ambito del progetto “Va.po.re”, che riunisce i comuni di Valli Posina e Recoaro. In questo senso sono già partiti gli interventi di sistemazione dell'anello di Campogrosso, affinchè la strada sia pronta e in sicurezza al momento dell'inaugurazione a fine estate. S.D.C.                                 

Ponte da brivido: 100 metri di corde d’acciaio e funi sospese nel vuoto

TRATTO dal GAZZETTINO 09.06.2015

VALLI DEL PASUBIO – L’alta Valleogra avrà per la fine dell’estate la tanto attesa opera che sarà un forte richiamo turistico: il “ponte tibetano”, una struttura pedonale che permetterà di superare la frana sulla Strada del Re, poco dopo l'Ossario di colle Bellavista, e renderà di nuovo percorribile il cosiddetto "anello di Campogrosso", inagibile dell’alluvione del novembre 2010.

Il ponte sospeso, costituito da corde d’acciaio, con funi a servire da passamani e una base per il marciapiede costituita a sua volta da travi di legno, avrà una campata unica di oltre 100 metri e si eleverà per oltre 30 metri sopra il cedimento del terreno che ha reso inagibile la via.

Del ponte tibetano si parla dal 2012 ed è stato contestato da alcuni perché ritenuto inutile a soddisfare le esigenze di mobilità e soccorso. Secondo l'amministrazione comunale di Valli del Pasubio invece, oltre a collegare la strada interrotta dalla frana, fungerà da innovativa attrazione turistica. Il progetto del ponte tibetano rientra nel pano "Va.Po.Re" (acronimo delle iniziali dei tre Comuni coinvolti di Valli, Posina e Recoaro) che punta a realizzare una pista ciclo-pedonabile lunga oltre 20 chilometri: da Bocchetta Campiglia a Recoaro Mille, attraversando splendidi panorami delle vallate del Leogra e dell'Agno. Il sindaco di Valli, Armando Cunegato è preciso: "vogliamo che la Strada del Re torni percorribile da pedoni e ciclisti. Per questo siamo disposti ad accollarcela. Con 180 mila euro costruiremo un ponte tibetano che passerà sopra la frana. Creeremo pure una grande ciclabile che sarà un’eccellente opportunità per rilanciare il turismo prealpino e porterà sulle nostre montagne tanti cicloturisti alla ricerca di panorami nuovi". 
Vittorino Bernardi










Hanno preso il via ufficialmente i lavori per il tanto chiacchierato Ponte “tibetano” di Valli del Pasubio, l’originale soluzione infrastrutturale adottata dall’Amministrazione Cunegato per risolvere il problema della grossa frana che ha interessato la Strada del Re, che collega il Passo Pian delle Fugazze a quello di Campogrosso cingendo nella parte anteriore la catena del Sengio Alto.












Il tratto in questione, franato pesantemente da qualche anno, si incontra dopo poche centinaia di metri muovendosi in direzione Ossario del Pasubio-Campogrosso, ed era diventato un importante problema di sicurezza per tutti coloro che decidessero di percorrere la Strada del Re. “In seguito a perizie geologiche, le quali ci hanno confermato che la frana è molto profonda, abbiamo capito che la sistemazione con metodo classico avrebbe comportato svariati milioni di euro” ha dichiarato Armando Cunegato, Sindaco di Valli, “perciò abbiamo adottato questa soluzione, pratica, sicura, economica e turisticamente accattivante”.
La realizzazione del Ponte, con annessa pulizia e sistemazione della strada, è il primo stralcio del progetto VA.PO.RE, programma regionale creato nel 2010 per la riqualificazione delle piccole dolomiti tra Valli, Posina e Recoaro. Vale complessivamente 300.000 euro, finanziati quasi totalmente dalla Regione.
Sarà lungo 105 metri con un’altezza massima di 35 e dislivello di 2, largo 70 cm con le sponde altre 130, pavimentato con uno spesso strato di acciaio forato, e ancorato sui due lati di appoggio da grossi sostegni di calcestruzzo realizzati dalla ditta Dalla Gassa. Sarà sostenuto da varie corde di acciaio e antivento, e scavalcherà il tratto franato sorvolandolo. E’ stato definito semplicisticamente “tibetano” in virtù del suo essere totalmente sospeso, ma di fatto la sua consistenza e struttura sono molto solide, e la stabilità del terreno “è continuamente monitorata dai carotaggi che stiamo facendo”, come puntualizzato dall’architetto Carlo Costa, direttore dei lavori.
La ditta Gheller vincitrice dell’appalto ha iniziato i lavori il 13 maggio, e secondo Costa la conclusione è prevista alla fine dell’estate. Grande soddisfazione è stata espressa da Cunegato, poiché “abbiamo risolto un problema sanguinoso per il turismo e la viabilità montana del nostro Comune, che una volta finiti i lavori sarà ripristinata assieme al celebre anello di Campogrosso”. “Tecnicamente è la soluzione migliore – ha proseguito – ma anche sotto il profilo dell’innovazione è un ottimo progetto, come confermatoci  dagli addetti ai lavori. Siamo fiduciosi che sarà una grande attrattiva – ha concluso – che riporterà molte persone a camminare nel nostro territorio”.
Federico Pozzer

Un ponte sulla Strada del Re per dare slancio al turismo


TRATTO dal GIORNALE DI VICENZA 07.03.2012
Il Comune di Valli chiede alla Provincia un regalo speciale: la Strada del Re. E forse lo otterrà in settimana. Si chiama così perché Vittorio Emanuele III, dopo aver reso omaggio alle vittime della Prima Guerra Mondiale sul colle di Bellavista, la percorse per raggiungere Recoaro. È questione di giorni ma da palazzo Nievo dovrebbe arrivare il “sì" che sblocca la situazione. Da un anno e mezzo sulla carrozzabile di cinque chilometri che dall'Ossario del Pasubio arriva al rifugio di Campogrosso grava una grossa frana che impedisce il transito non solo dei veicoli ma anche degli escursionisti. A Vicenza non ci sono soldi per sistemarla, con il rischio che l'impercorribilità rimanga a lungo, e allora Valli si fa avanti per ottenerne la proprietà e passare poi alla costruzione di un ponte tibetano che bypassi l'ostacolo. L'operazione rientra nel progetto “Vapore” che prende il nome dalle iniziali dei tre Comuni coinvolti: Valli, Posina e Recoaro. Vale un milione di euro, 750 mila dei quali finanziati dalla Regione tramite l'Intesa Programmatica d'Area. Il resto sarà scucito dal terzetto di enti che punta a realizzare una pista ciclo-pedonabile lunga oltre 2o chilometri che da Bocchetta Campiglia porta a Recoaro Mille superando quota 2 mila e attraversando i più bei panorami delle vallate del Leogra e dell'Agno. Una manna per gli escursionisti e per gli appassionati della Grande Guerra. Dovrebbe essere pronta per il 2014, alla vigilia del centenario bellico ma serve prima superare l'ostacolo della frana, che non sarà rimossa. Troppo elevati i costi, come spiega il sindaco valligiano Armando Cunegato: «Vogliamo che la Strada del Re torni percorribile da pedoni e ciclisti. Per questo siamo disposti ad accollarcela. Con 180 mila euro costruiremo un ponte tibetano che passerà sopra la frana. Il progetto è già pronto, manca appunto l'ok della Provincia. Creeremo una grande ciclabile che sarà un'eccellente opportunità per rilanciare il turismo prealpino e porterà sulle nostre montagne tanti cicloturisti alla ricerca di panorami nuovi». È d'accordo il collega Andrea Cecchellero di Posina: «Si tratta di un progetto importante per la nostra economia. Il percorso partirà dal nostro laghetto Main, a ridosso del centro posinate, per arrivare a Recoaro, passando per passo Xomo, la strada degli Scarubbi, il rifugio Papa, scendere al Pian delle Fugazze, salire all'Ossario per arrivare in territorio recoarese». Dove il progetto trova pieno appoggio, come conferma il sindaco Franco Perlotto: «Non solo favoriremo lo sviluppo di un'area protetta ma daremo l'occasione di collegare fra loro numerosi siti della Grande Guerra, ripristinando alcuni passaggi. Il percorso attraverserà anche il Rotolon, tanto che stiamo studiando la soluzione migliore»
Mauro Sartori.


Considerazioni del Presidente del CAI di Schio

11.11.2014


Valli. L’opposizione: ‘Sindaco illumina gallerie e non contrade’. Cunegato: ‘Illazioni’ e spiega Va.po.re.


TRATTO da ALTOVICENTINO ON LINE 08.07.2013

Tira aria di campagna elettorale a Valli del Pasubio. A un anno dalle prossime amministrative la minoranza è scesa all’attacco con alcuni manifesti contro il Sindaco provocando la reazione di Armando Cunegato che, con l’aria di chi ha le carte in regola per non temere la contestazione, ha replicato: ‘Sono illazioni nate da una notizia interpretata nel modo sbagliato. Accetto la sfida, ma dovrebbero informarsi meglio’.

A Valli del Pasubio e dintorni gira infatti la voce che le 52 gallerie, storico teatro di guerra nel Monte Pasubio e percorso di trekking tra i più affascinanti, verranno illuminate. Questo ha portato il gruppo di minoranza del ‘paese della sopressa’ a scendere in campo contro il suo Sindaco con dei manifesti che recitano più o meno così: ‘Il Sindaco di Valli illumina le gallerie del Pasubio, peccato che in 4 anni non abbia installato nessun nuovo punto luce nelle contrade. Un progetto da 133 mila euro. Quanti schei trati via’.
Di che cosa si tratta quindi? Di un luna park a sfondo storico per gli appassionati della montagna? Di un’attrattiva che fa da contorno alla prelibata sopressa di Valli? Di un punto luce che illumina la storia della Val Leogra? Niente di tutto ciò secondo Cunegato, che un po’ restio a rispondere a certe accuse, ha poi deciso di replicare a qualcosa che lui ritiene ‘lontano dalla realtà’.
E così si spiega: ‘Premetto che le strade e contrade di Valli sono illuminate. Mancano solo 5 o 6 punti luce che non sono determinanti e che comunque entro l’anno saranno attivi. Ma il punto chiave del discorso riguarda l’illuminazione delle 52 gallerie del Pasubio. Ci tengo a sottolineare che le gallerie non saranno illuminate. 3 gallerie saranno dotate di un’installazione dell’artista Marco Nereo Rotelli e si tratta di opere d’arte che omaggiano la storia della nostra montagna e renderanno ancora più interessante il percorso per tutti quei turisti che ogni anno, con il sole, la pioggia e il maltempo, gratificano la nostra zona con la loro presenza’.
Quello che alcuni definiscono ‘l’illuminazione delle gallerie’ è un progetto che vedrà la luce grazie a fondi della Regioni destinati allo sviluppo turistico.
‘Siamo all’interno del progetto Va.Po.Re. (Valli, Posina, Recoaro) – ha spiegato Cunegato – per il quale abbiamo ottenuto un fondo di 1 milione di euro. 750 mila li mette la Regione mentre gli altri 250 mila vengono sborsati da 3 Comuni (Valli, Posina e Recoaro) che collaborano perché concordiamo nel fatto che sia un’opportunità unica per rilanciare il turismo, che se sviluppato nel modo corretto può rappresentare una fonte di reddito importante per le attività locali’.
Nel progetto Va.Po.Re. ci sono fondamentalmente 3 interventi di primo piano, tutti destinati allo sviluppo turistico: l’opera d’arte nelle gallerie, il ponte a corde che riapre la strada di Campo Grosso bypassando la frana, e la sistemazione di strade e percorsi che al momento non sono transitabili o non sono sicuri.
‘Siamo orgogliosi – ha detto Cunegato – perché è il primo vero investimento che viene fatto su un’area che non ha mai ricevuto fondi. In passato la nostra era una zona turistica stimata e vorremmo tornare a darle il giusto rilievo. Con questi soldi vogliamo sviluppare e mettere in sicurezza il percorso delle 52 gallerie, rispristinare percorsi che finora sono stati considerati solo sportivi, e sistemare strade per le quali altrimenti non avremmo i soldi. Gli interventi toccheranno sentieri di Posina, Passo Xomo, Malga Prà, Enna in Campiglia, eccetera. Il progetto completo delle gallerie costa circa 150 mila euro. La zona, che è già un museo a cielo aperto, avrà un’attrattiva maggiore e la strada verrà messa in sicurezza perché in alcuni punti è molto pericolosa’.
Cunegato ammette che non sempre l’intervento sarà quello migliore, come nel caso del ponte a corde. Spiega: ‘Siamo consapevoli delle critiche, però questo è il meglio di ciò che si può fare e le valutazioni di tecnici competenti lo confermano. Il ponte riapre la strada di Campo Grosso e porterà molti turisti a frequentare la zona. Il grande lavoro che stiamo portando avanti per sviluppare il turismo segue di pari passo la legge regionale dell’assessore Marino Finozzi. Il progetto non toccherà solo Valli del Pasubio, ma tutta l’area pedemontana e coinvolge anche la vicina ricorrenza del centenario della Grande Guerra per la quale si prevede un grande flusso turistico nelle nostre bellissime montagne. Inoltre – conclude – dobbiamo essere competitivi per confrontarci con il vicino Trentino Alto Adige. Io sono assolutamente convinto che Valli del Pasubio ha delle potenzialità importanti e il mio compito è lavorare per farle emergere’.
Anna Bianchini

lunedì 15 agosto 2016

MAPPE, CARTINE e PROFILI delle PICCOLE DOLOMITI


 
LE ZONE

LE ZONE con i RIFUGI
I SENTIERI 

 
PROFILO delle MONTAGNE con i 3 GRUPPI


PROFILO delle MONTAGNE

LA CATENA del FUMANTE

CATENA del SENGIO ALTO

CATENA del SENGIO ALTO

CATENA del SENGIO ALTO e MONTE PASUBIO

L'OMO, LA DONA e EL PUTEO


N.B: Perdonate la non massima precisione, ma manualmente è molto difficile riuscire in un semplice foglio riportare tutto!
Per cui con queste pubblicazioni non ci si vincola alla correttezza degli elaborati.

Disponibili invece a collaborare con esperti professionisti per una futura pubblicazione professionale di materiale che sicuramente in un ufficio turistico, potrebbero venire richieste in elevata quantità!

giovedì 11 agosto 2016

Frasi, aforismi e citazioni sulla montagna e l’alpinismo


Le montagne sono le grandi cattedrali della terra, con i loro portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora scintillanti di stelle.
(John Ruskin)

I Monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi.
(Johann Wolfgang von Goethe)


Sulle cime più alte ci si rende conto che la neve, il cielo e l’oro hanno lo stesso valore.
(Boris Vian)


Migliaia di persone stanche, stressate e fin troppo “civilizzate”, stanno cominciando a capire che andare in montagna è tornare a casa e che la natura incontaminata non è un lusso ma una necessità.
(John Muir)

Quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono.
(William Blake)


Ma devo dire che la montagna mi ha regalato ciò che gli uomini, le donne, i genitori, non sono riusciti a darmi. Dalla montagna mi sono sentito compreso, ascoltato, degnato di attenzione. Qualche volta anche spintonato, ma sempre dopo essere stato avvertito.
(Mauro Corona)


Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. Tutto questo perché siamo più vicini al cielo.
(Emilio Comici)


In verità si può dire che l’esterno di una montagna è cosa buona per l’interno di un uomo.
(George Wherry)


Non cercate nelle montagne un’impalcatura per arrampicare, cercate la loro anima.
(Julius Kugy)


Se sei in cerca di angeli o in fuga dai demoni, vai in montagna.
(Jeffrey Rasley)


Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai niente, se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben presto cancella.
(Reinhold Messner)


Le montagne sono le uniche stelle che possiamo raggiungere a piedi.
(Fabrizio Caramagna)


Il colore delle montagne è il corpo di Buddha; il suono delll’acqua corrente è il suo grande discorso.
(Dogen
Chi più alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna.
(Walter Bonatti)


La montagna offre all’uomo tutto ciò che la società moderna si dimentica di dargli.
(Anonimo)


Ti assicuro che ho comprato il biglietto di ritorno e non ci tornerò più in questa triste città! Lascio alla signorina Rottermayer tutta la gioia di vivere in una città triste e senza calore! Io non potrei mai accontentarmi di una stanza senza farfalle! Ho bisogno di prati verdi per respirare. … Basta con queste stanze vuote piene di vecchi cimeli! Via via…!.
(Heidi)


Dalle montagne ho avuto protezione e affetto. La scalata estrema è venuta dopo, ma non c’entra nulla, o molto poco, con l’amore per la montagna, con ciò che mi ha dato e continua a darmi. Per me è la madre sulla quale giocano, si nascondono, cercano calore i suoi figli. Ogni tanto la mamma si stiracchia, respira, sbadiglia, qualche bambino rotola giù. Qualche altro soffoca sotto la sua mole come un pulcino sotto la chioccia. Ma non è colpa di nessuno.
(Mauro Corona)


Che quelle rocce innalzantisi in forma di mirabile architettura, quei canaloni ghiacciati salenti incontro al cielo, quel cielo ora azzurro profondo dove l’anima sembra dissolversi e fondersi con l’infinito, ora solcato da nuvole tempestose che pesano sullo spirito come una cappa di piombo, sempre lo stesso ma mutevolmente vario, suscitano in noi delle sensazioni che non si dimenticano più.
(Walter Bonatti)


La montagna mi ha fatto capire che è da sciocchi mettere la vita in banca sperando di ritrovarla con gli interessi. Mi ha aiutato a non essere troppo tonto, anche se un po’ tonti si è tutti da giovani. Mi ha insegnato che dalla vetta non si va in nessun posto, si può solo scendere.
(Mauro Corona)


In cima ad ogni vetta si è sull’orlo di un abisso.
(Stanislaw Jerzy Lec)


In poche parti del creato si rivela tanto splendidamente quanto nell’alta montagna, la potenza, la maestà, la bellezza di Dio.
(Pio XI)



Le montagne sono quei luoghi in cui Dio dimostra di essere più bravo di Michelangelo a scolpire.
(Anonimo)


Un paese di pianura per quanto sia bello, non lo fu mai ai miei occhi. Ho bisogno di torrenti, di rocce, di pini selvatici, di boschi neri, di montagne, di cammini dirupati ardui da salire e da discendere, di precipizi d’intorno che mi infondano molta paura.
(Jean-Jacques Rosseau)


Le Alpi, un paese dove il cielo profondo, stanco di essere blu, si è sdraiato sulla montagna.
(Boris Vian)


Nei grandi spazi della montagna, nei suoi alti silenzi, l’uomo non distratto può cogliere il senso della sua piccolezza e la dimensione infinita della sua anima.
(Anonimo)

Una serata passata a leggere grandi libri è per la mente ciò che una vacanza in montagna è per l’anima.
(André Maurois)

Il fascino delle montagne è dato dal fatto che sono belle…grandi…e pericolose…
(Reinold Messner)

Tutte le volte che comincio ad arrampicare avviene in me una trasformazione. Quando le mie mani poggiano sulla roccia, sparisce ogni stanchezza e ogni malavoglia. Una forza sconosciuta entra nel mio sangue, e più mi arrampico, più forte mi sento, e sempre più facili mi sembrano i passaggi.
(Emilio Comici)


Forse è proprio questo il motore dell’arrampicata: come pesci nell’acqua, come uccelli in aria, come camosci sulle rocce, solo la simbiosi con l’ambiente fa di un uomo un buon alpinista.
(Reinold Messner)

La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte.
(Guido Rey)


La montagna ci offre la cornice … tocca a noi inventare la storia che va con essa!
(Nicolas Helmbacher)

Con la montagna, ci si scopre canna, spinta a fare dei fori negli angoli giusti perché passi il soffio della vita e ne esca la più bella musica possibile.
(Lionel Daudet)


Non misurare mai l’altezza del monte prima d’aver raggiunto la cima. Allora vedrai quanto era basso.
(Dag Hammarskjöld)


La montagna è come un amore: se sei respinto, è meglio tornare indietro e non insistere.
(Christian Kuntner)

Difficoltà estrema, vuol dire al limite delle possibilità umane. Però è una parola elastica anche questa. Io non so se più di una volta o due in Montagna mi sentii impegnato fino alla mia possibilità ultima. Credo di aver quasi sempre superato i miei passaggi estremamente difficili pur sentendo di non aver dato tutto me stesso, ma avendo dietro di me ancora un certo margine di possibilità e una certa riserva di forze. Questo dovrebbe essere il modo più sicuro per andare in montagna.
(Emilio Comici)


Nessuno può dire di aver sentito il mormorio delle acque, se non ha sentito il concerto con il quale la montagna saluta la primavera.
(Arnold Lunn)


Quassù non vivo in me, ma divento una parte di ciò che mi attornia. Le alte montagne sono per me un sentimento.
(Lord Byron)

Mi sono sentito sempre estremamente fragile davanti agli elementi della montagna: da un lato, uno scheletro con la carne intorno, dall’altro, forze su cui ci si strofina, la roccia, il ghiaccio, le tempeste.
(René Desmaison)


Belle sono le grandi avventure sulle pareti immense, in piena solitudine: la lotta silenziosa ha inizio; l’uomo, quando ha di fronte la natura, ha di fronte se stesso e la battaglia si sublima.
(Roberto Gervasutti)


Quale miglior campo d’azione può esservi che la montagna? L’asprezza della natura e la potenza della lotta continua sono presenti in ogni particolare: dal cirro sfilacciato alla roccia compatta; dagli spigoli smussati dei sassi ai pini ritorti; dalla frana alla valanga, tutto, insomma, un complesso di elementi che testimoniano quali forze usano scontrarsi.
(Roberto Gervasutti)


Vado in montagna più per la paura di non vivere che per quella di morire.
(Ada Gobetti)

Alcune ore di salita in montagna fanno di un briccone e di un santo due creature quasi uguali. La stanchezza è la via più breve verso l’uguaglianza e la fratellanza – e la libertà viene infine aggiunta dal sonno.
(Friedrich Nietzsche)

Donde vengono le montagne più alte? chiedevo in passato. E allora imparai che esse vengono dal mare. Questa testimonianza sta scritta nelle loro rocce e nelle pareti delle loro cime. Dall’abisso più fondo, la vetta più alta deve giungere alla sua altezza.
(Friedrich Nietzsche)

Qualcosa è nascosto. Vai a cercarlo. Vai e guarda dietro i monti. Qualcosa è perso dietro i monti. Vai! È perso e aspetta te.
(Rudyard Kipling)

Ogni volta nella vita è come nella natura: parli con la montagna e ti risponde l’abisso
(Efim Tarlapan)

Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne.
(Immanuel Kant)

La Montagna non è una sfilata di moda, o la conoscenza alfabetica di tutte le ferrate esistenti, né tanto meno dei tempi di percorrenza delle stesse; la Montagna non è la pista da sci da 2000 sciatori/ora, la cabinovia, la funivia, lo ski-lift, e neanche il rifugio-albergo 3 stelle con scale anti-incendio e TV a colori.
(Livio Lupi)

Ci arrampichiamo perché le montagne sono la nostra chiesa. In effetti, Lui – Il Creatore, Allah, Dio, il grande Schiacciamosche o Buddha – non può essere più grande della vista di un’aurora boreale a -50oC, quando il vento ronza su una pinna di ghiaccio e la luce si apre un varco diretto nella tua anima.
(Jonathan Waterman)

Ogni montagna diversa dalle altre, ognuna una vita diversa che hai vissuto. Arrivi in cima dopo aver rinunciato a tutto quello che credevi necessario alla sopravvivenza e ti trovi solo con la tua anima. In quel vuoto puoi esaminare, in un’ottica diversa, te stesso e tutti i rapporti e gli oggetti che fanno parte del mondo normale.
(Anatoli Boukreev)

Le montagne non sono stadi dove soddisfo la mia ambizione di arrivare. Sono cattedrali, grandiose e pure, i templi della mia religione.
(Anatoli Boukreev)

Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
(Renato Casarotto)

Qui non palazzi, non teatro o loggia ma’n lor vece un abete, un faggio, un pino. Tra l’erba verde e’l bel monte vicino levan di terra al cielo nostr’intelletto.
(Francesco Petrarca)

Camminare per me significa entrare nella natura. Ed è per questo che cammino lentamente, non corro quasi mai. La Natura per me non è un campo da ginnastica. Io vado per vedere, per sentire, con tutti i miei sensi. Così il mio spirito entra negli alberi, nel prato, nei fiori. Le alte montagne sono per me un sentimento.
(Reinhold Messner)

La montagna insegna a vivere: questa frase l’ho udita spesso, ma… non è vera. C’è gente che frequenta i monti da una vita e non ha imparato un tubo! La montagna al massimo regala emozioni a chi è sensibile ed educato.
(Mauro Corona)

Oggi non frequento quasi più le montagne famose perché sono diventate di moda, quindi caotiche. Alla loro base sorgono i più grandi parcheggi d’Europa. Ormai, su quelle vette cade neve colorata firmata da prestigiosi stilisti.
(Mauro Corona)

Con i valloni deserti, con le gole tenebrose, con i crolli improvvisi di sassi, con le mille antichissime storie e tutte le altre cose che nessuno potrà dire mai…”
(Dino Buzzati)

A salvare la Alpi non saranno gli ecologisti, ma chi rifiuta il consumismo, chi si accontenta di mangiare pane e formaggio e di camminare con le proprie gambe.
(Reinhold Messner)

La montagna mi ha insegnato a non barare, a essere onesto con me stesso e con quello che facevo. Se praticata in un certo modo è una scuola indubbiamente dura, a volte anche crudele, però sincera come non accade sempre nel quotidiano.
(Walter Bonatti)

La via verso la cima è come il cammino verso se stessi, solitario.
(Alessandro Gogna)

L’alpinismo è un’attività sfiancante. Uno sale, sale, sale sempre più in alto, e non raggiunge mai la destinazione. Forse è questo l’aspetto più affascinante. Si è costantemente alla ricerca di qualcosa che non sarà mai raggiunto.
(Hermann Buhl)

L’essere umano vive in città, mangia senza fame e beve senza sete, si stanca senza che il corpo fatichi, ricorre il proprio tempo senza raggiungerlo mai. E’ un essere imprigionato, una prigione senza confini da cui è quasi impossibile fuggire. Alcuni esseri umani però a volte, hanno bisogno di riprendersi le proprie vite, di ritrovare una strada maestra. Non tutti ci provano, in pochi ci riescono.
(Walter Bonatti)

Questa ‘malattia’, è anche una dipendenza. Non pensavo d’essere dipendente dalla montagna. L’ho capito negli ultimi metri dell’Everest, quella volta ero stremato, ma ho sentito che se non avessi raggiunto la cima sarei dovuto tornare lassù, dentro di me ne avevo troppo bisogno. E’ questa dipendenza dalla montagna che ti spinge sempre avanti.
(Hans Kammerlander)

Nelle vibranti e libere corse sulle rocce tormentate, nei lunghi e muti colloqui con il sole e con il vento, con l’azzurro, nella dolcezza un po’ stanca dei delicati tramonti, ritrovavo la serenità e la tranquillità. E l’ebbrezza di quell’ora passata lassù isolato dal mondo, nella gloria delle altezze, potrebbe essere sufficiente a giustificare qualunque follia.
(Giusto Gervasutti)

L’alpinista è un uomo che conduce il proprio corpo là dove un giorno i suoi occhi hanno guardato. E che ritorna.
(Gaston Rébuffat)

Il silenzio della montagna è ancora più bello quando gli uccelli sono in silenzio.
(Taisen Deshimaru)

La forza della montagna è come la forza gravità sulla mia anima.
(Heather Day Gilbert)

Un uomo senza difetti è una montagna senza fessure. Non mi interessa.
(René Char)

Lassù provammo quel fascio quasi inestricabile di particolari sentimenti, che si suole chiamare il senso della vetta. Il mondo esterno, l’interno e il cosmico si compenetrano a vicenda.
(Eugene Guido Lammer)

Quando abbiamo camminato per due ore in una montagna, si è più intelligenti.
(Coline Serreau)

L’amore è un abbraccio soffice di cielo e di nuvole su una cima raggiunta col cuore in festa.
(Bianca di Beaco)

Due voci possenti ha il mondo: la voce del mare e la voce della montagna.
(William Wordsworth)

Io credetti e credo la lotta con l’Alpe utile come il lavoro, nobile come un’arte, bella come una fede.
(Guido Rey)

La fede muove le montagne, sì: le montagne di sciocchezze.
(André Gide)

Una giornata bene impiegata nelle Alpi è come una grande sinfonia…
Ogni passo di un’ascensione ha una bellezza in se stesso.
(George Leigh Mallory)

Le montagne non sono l’assoluto, ma lo suggeriscono.
(Samivel)

Le montagne sono il principio e la fine di ogni scenario naturale.
(John Ruskin)

Raggiungere la cima è facoltativo, tornare indietro è obbligatorio.
(Ed Viesturs)

Scalare non serve a conquistare le montagne; le montagne restano immobili, siamo noi che dopo un’avventura non siamo più gli stessi
(Royal Robbins)

Ho portato il mio Io sul punto piú alto e lo lascio lassú, l’Io che voglio essere. Scendo con l’Io che sono
(Reinhard Karl)

Mi escono battute sarcastiche quando leggo o sento definire la montagna assassina. La montagna non è assassina, se ne sta lì e basta. Siamo noi i killerdi noi stessi, che non sappiamo vivere, che usiamo il profumo per l’uomo che non deve chiedere mai, che abbiamo dimenticato la carità, la riconoscenza, il rispetto, che distruggiamo la natura
(Mauro Corona)

La continuità dei grandi spettacoli ci rende sublimi o stupidi. Sulle alpi, o sei un aquila o uno stupido.
(Victor Hugo)

Tutto ciò che mi teneva sulla parete della montagna, tutto ciò che mi teneva a questo mondo, erano sei sottili punte di cromo-molibdeno conficcate per un centimetro e mezzo in una striscia di acqua ghiacciata, eppure cominciai a sentirmi invincibile…
(Jon Krakauer)

Anche gli esperti muoiono sotto le valanghe, perchè le valanghe non sanno che sei esperto.
(André Roch)

Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso. E pensare che lo si reputa vivo soltanto perché è caotico e rumoroso.
(Walter Bonatti)

Siamo in un mondo in cui le montagne più alte sono quelle che hanno le fondamenta più solide.
(Sorin Cerin)

Ogni paesaggio di montagna ha la sua storia: quella che leggiamo, quelli che sogniamo, e quelli che creiamo.
(George Michael Sinclair Kennedy)

Durante un’ascensione di un paio d’ore, si possono sperimentare sensazioni che in altre condizioni non si proverebbero forse in un’intera settimana. I sensi sono totalmente all’erta, si sente, si odora, si respira ogni cosa, e ci si sente vivi come non mai.
(Jochen Hemmleb)

La montagna ha il valore dell’uomo che vi si misura, altrimenti, di per sè, essa non sarebbe che un grosso mucchio di pietre.
(Walter Bonatti)

Tornate sani, tornate amici, arrivate in cima: in questo preciso ordine.
(Roger Baxter Jones)

Nel pomeriggio del giorno seguente, ultimata la preparazione del sacco esco per le vie della città per dar aria alla mia eccitazione. Quasi automaticamente salgo al monte dei Cappuccini. Sento il richiamo del vento lontano che rende più trasparente il tramonto, colorando di verde l’orizzonte. Sopra il Gran Paradiso due nuvolette riflettono ancora l’ultimo sole. Sotto di me la città sta accendendo le prime luci. L’idea dell’azione vicina suscita in me strane sensazioni e contrastanti pensieri. Provo una grande commiserazione per i piccoli uomini, che penano rinchiusi nel recinto sociale che sono riusciti a costruirsi contro il libero cielo e che non sanno e non sentono ciò che io sono e sento in questo momento. Ieri ero come loro, tra qualche giorno ritornerò come loro. Ma oggi, oggi sono un prigioniero che ha ritrovato la sua libertà. Domani sarò un gran signore che comanderà alla vita e alla morte, alle stelle e agli elementi.
(Giusto Gervasutti)

E’ noto che ci sono due maniere d’intendere e praticare l’alpinismo: in profondità e in estensione. La prima è la maniera del montanaro, della guida, che magari per tutta la vita non esce dalla sua valle, ma di quella conosce ogni anfratto, ogni piega, ogni scalino. La seconda e quella del turista all’inglese, che trascorre da una valle all’altra, ogni gruppo sfiorando rapidamente e spilluzzicando appena le mete più celebrate. Eterna e insolubile questione quale dei due metodi sia il migliore.
(Massimo Mila)

La montagna chiama e devo andare.
(John Muir)

Se desideri vedere le valli, sali sulla cima della montagna; se vuoi vedere la cima della montagna, sollevati fin sopra la nuvola; ma se cerchi di capire la nuvola, chiudi gli occhi e pensa.
(Kahlil Gibran)

La montagna più alta rimane sempre dentro di noi.
(Walter Bonatti)